Articolo di Silvana Badaloni e Cristina Mangia pubblicato su Meno di Zero il 26.08.2012
È il tempo delle politiche di genere
Innovazione, istruzione e ricerca sono componenti chiave della strategia Europa 2020 che punta a rilanciare l’economia dell’UE nel prossimo decennio. In un mondo che cambia l’UE si propone di diventare un’economia intelligente, sostenibile e solidale. Tra i milestones indicati nel metaprogetto European Research Area ERA, viene riportato il seguente:
We will know that ERA is a shared responsibility [between science, policy and society] in 2030 when we see […] half of all scientists and research policy makers, across all disciplines and at all levels of the Science system, are women (Preparing Europe for a new Renaissance [Erab 2009], pg.18).
Un obiettivo sicuramente molto ambizioso dal momento che tutte le statistiche di genere, condotte a livello europeo [She Figures 2009] e ampiamente confermate a livello italiano [Boschetto et al, 2012; Frattini e Rossi in questo numero], mostrano come la sotto-rappresentazione delle donne nelle carriere scientifiche e tecnologiche sia tuttora un fenomeno assai rilevante e le due metafore usate per descriverle la Leaky pipeline e il Glass ceiling factor siano ancora molto attuali. Il mondo della ricerca continua a premiare, attraverso vari meccanismi, il genere maschile nonostante le ragazze che studiano siano più numerose dei ragazzi e mediamente più brave. E in più, ci sono facoltà scientifiche cosiddette hard (ad esempio Ingegneria) che vedono una bassissima presenza di donne a tutti i livelli, dall’accesso universitario al ruolo di Professoressa/e Ordinario. I dati indicano inoltre che tale situazione di disparità di genere difficilmente si potrà riequilibrare spontaneamente, per evoluzione naturale. Solo efficaci politiche di genere adottate su diversi piani istituzionali, culturali e simbolici, potranno permettere un effettivo ri-equilibrio delle donne e degli uomini nella scienza e nella tecnologia.
Dalla questione delle donne nella scienza alle innovazioni di genere
La questione donne e scienza è stata affrontata nel corso degli anni seguendo fondamentalmente 3 approcci [Schiebinger, 2009]. Il primo approccio (fixing the numbers of women) basandosi su un paradigma di neutralità della scienza è stato focalizzato su programmi ed iniziative rivolte alle donne stesse nel tentativo di spingerle ad incrementare il loro numero nei vari percorsi scolastici e di carriera scientifica.
Ma se i numeri hanno costituito il primo input necessario alle istituzioni europee e al resto del mondo occidentale a prendere coscienza della sottorappresentazione delle donne nel mondo della scienza, gli stessi numeri inseriti in un contesto di studi storici, sociologici, filosofici, psicologici hanno messo in evidenza che la questione è più complessa [Badaloni et al, 2008]. Così ad esempio una lettura più approfondita del rapporto She figures 2009 mette in evidenza altri aspetti non trascurabili: a) il numero delle donne nei vari settori della ricerca varia tra paese e paese (oscilla in percentuale tra il 21% della Germania al 49% della Lituania), b) anche dove esiste un’alta percentuale di donne ricercatrici ai bassi livelli, ai livelli più alti nelle posizioni apicali le donne sono poche, c) anche nei paesi del Nord-Europa dove esiste un sistema di welfare dagli standard molto elevati le percentuali di donne che arrivano alle posizioni più elevate della carriera rimangono basse. Tutto ciò, per esempio, indica che il sostegno sociale è una condizione necessaria ma non sufficiente e che il problema non è solo quello di aumentare le donne all’ingresso delle carriere scientifiche.
Grande rilevanza riveste anche lo status della ricerca scientifica nei vari paesi e gli investimenti economici in ricerca che ciascun paese fa. Nei paesi in cui si investe maggiormente in ricerca le donne sono presenti in percentuali molto basse, mentre nei paesi in cui l’investimento nella ricerca è molto basso e i salari del personale di ricerca sono bassi la presenza delle donne è più elevata. Questo andamento può essere letto in maniera duplice: gli uomini lasciano i settori non sufficientemente attrattivi e sono invece presenti in percentuali elevate laddove invece gli investimenti sono elevati, oppure nei paesi a maggior tasso di investimenti e innovazione gli uomini, comunque presenti in elevate percentuali nei comitati di indirizzo della ricerca, orientano i finanziamenti in aree a loro più congeniali (difesa, produzione industriale e tecnologia). [Mangia, 2011]
Rilevante pertanto è stato lo slittamento dalla questione delle donne alla questione più complessa del genere. Questo slittamento ha permesso di spostare la questione delle donne nel mondo della ricerca alla questione più ampia della non neutralità delle istituzioni scientifiche e quindi di una loro modifica. Questo secondo approccio (Fixing the institutions) mira quindi a provare a mettere in atto delle trasformazioni strutturali delle istituzioni scientifiche che nel tempo si sono sviluppate in assenza delle donne. Il programma USA ADVANCE o i progetti europei come GENIS LAB assistono le istituzioni e non gli individui nel mettere in atto cambiamenti strutturali che mirino a demolire stereotipi, rimuovano barriere, rimodulino bilanci, favorendo in questo modo un clima più friendly per le donne.
Il paradigma di fondo di questo secondo approccio è che la ricerca e la produzione di conoscenza siano neutrali rispetto al genere. La riflessione epistemologica da una parte [Fox-Keller, 1985] e l’analisi storica di molte discipline come l’archeologia, la primatologia, la biologia, la medicina [Schiebinger, 1999] hanno invece messo in evidenza come spesso sia esistito ed esista tuttora un bias di genere nella conoscenza e nella ricerca.
Pertanto il terzo approccio alla questione genere e scienza (Fixing the knowledge) mira a ridefinire pratiche, obiettivi e contenuti della ricerca scientifica a partire da un’analisi di genere: “Genderizing research contents” ovvero integrare la dimensione di genere nei contenuti scientifici, non solo a livello della comunicazione ma a livello della creazione di innovazione.
What is gendered innovation?
Oggi più donne sono entrate nella scienza. A chi chiede se le donne possono cambiarla, Londa Schiebinger [Schiebinger, 1999], risponde decisamente di sì. Sostiene che le donne hanno saputo in passato ridisegnare il senso delle domande in molte discipline scientifiche come nella primatologia o la storia delle origini portando allo sviluppo di nuovi paradigmi, producendo diverse interpretazioni dei fatti rispetto a quelle tradizionali ritenute neutre e allargando i campi di indagine. Essa sostiene che la ricerca sugli ultimi vent’anni ha dimostrato che la disparità di genere insita nella società ha influenzato la scienza, la medicina e l’ingegneria, riducendo il potenziale beneficio che scienza e tecnologia possono portare alla società.
Nel sito da lei realizzato su Gendered Innovations in Science, Health & Medicine, and Engineering http://genderedinnovations.stanford.edu/what-is-gendered-innovations.html
vengono raccolte moltissime informazioni e riportati diversi cases studies di inclusione della dimensione di genere nella ricerca scientifica e tecnologica che tentano di rispondere alla domanda: What is gendered innovation? L’obiettivo di tale progetto è quello di stimolare la creazione di una scienza e una tecnologia gender-responsible, per permettere una crescita della qualità di vita per donne e per uomini, dappertutto.
Tra le innovazioni di genere nel campo dell’ingegneria, viene citato il manichino gestante, simulato al computer per le prove d’incidente automobilistico, che fornisce dati che permettono di creare un modello relativo agli effetti dell’impatto ad alta velocità sul feto e di progettare adeguate cinture di sicurezza. Un esempio di applicazione di una tecnologia che introduce la dimensione di genere in un prototipo scientifico. E ancora innovazioni di genere si trovano nel design ingegneristico di un prototipo di auto pensato da un team di donne per le donne, all’utilizzazione di sistemi informativi geografici per la vita delle donne, o ad un progetto di riforestazione attraverso un metodo di ricerca partecipata con le donne o a tutti gli sviluppi della medicina di genere.
Quale innovazione? Quale scienza?
Molte sono state e sono le ricerche e le consultazioni lanciate a livello Europeo per capire in che modo si possa affrontare il problema e quali dovrebbero essere le misure di successo per la sviluppare la ricerca basata sull’innovazione, tenendo conto del punto di vista di genere. Secondo l’EPWS – European Platform of Women Scientists http://www.epws.org – una rete europea che raccoglie rappresentanti dei diversi paesi Europei sul tema Women & Science, è necessario, tra le altre cose, introdurre una serie di indicatori di genere riguardanti:
– l’impostazione del nuovo programma quadro FP8 per rafforzare la rilevanza del punto di vista di genere nei processi di valutazione,
– una composizione bilanciata nei progetti EU a tutti i livelli (giovani scienziate, scienziate senior, leaders di progetti, managers dei consorzi),
– l’introduzione della dimensione di genere della ricerca,
– la pubblicazione dei risultati ottenuti per stimolare le Istituzioni e favorire un cambiamento strutturale dal punto di vista di genere.
Tra le azioni per rafforzare ulteriormente il ruolo delle donne nell’ambito della scienza e dell’innovazione proposte da vari organismi, citiamo le seguenti:
– un monitoraggio della presenza in posizioni decisionali nelle istituzioni di ricerca
– la realizzazione di un database con diffusione d’informazioni sul profilo di eccellenza di scienziate per aumentare la loro visibilità
– tutoring e supporto delle giovani
– modifica delle regole e delle procedure per assicurare che i criteri di promozioni siano chiari trasparenti e nuovi criteri di valutazione che includano multitasking, transversalità, inter-disciplinarità, innovazione.
Sulla stessa linea si muove anche l’Associazione Italiana Donne e Scienza (https://www.donnescienza.it), che inserisce la questione delle donne nella scienza in un discorso più ampio che riguarda il rapporto scienza e società in un momento storico di grandi trasformazioni dell’una e dell’altra. È necessario aumentare il numero delle ricercatrici sostenendo le donne con politiche di pari opportunità. È necessario promuovere dei cambiamenti strutturali nelle istituzioni scientifiche sul terreno delle pratiche, degli obiettivi, dei valori, dei bilanci economici. È necessaria una dimensione di genere nella ricerca. Ma tutto ciò deve anche presupporre un’innovazione nella didattica e nella comunicazione della scienza.
Nel cambiamento, tra donne e scienza
A tal fine, c’è da chiedersi come è cambiata la scienza oggi e quale è il suo rapporto con la tecnologia. In altri termini, come può essere definito avanzato un laboratorio di ricerca oggi? È un laboratorio dove si fa ricerca pura o ricerca tecnologica o una buona combinazione di entrambi? Effettivamente i confini tra scienza, tecnologia e ingegneria sono molto fuzzy, molto sfumati. Il metodo scientifico non è più uno solo, come affermano la biologa F. Zucco e la epistemologa E. Gagliasso: «dal momento che si estende in una polifonia, passando da significative contaminazioni con il metodo storico in tutte quelle discipline che afferiscono all’evoluzione del pianeta, dipendendo in molti settori di punta dalle pratiche di simulazione virtuale, cambiando addirittura i connotati del criterio ipotetico-deduttivo e sperimentale per la rincorsa che la formazioni di ipotesi è costretta a tenere rispetto all’accumulo di dati che le macchine provvedono ampiamente a fornire» [Gagliasso e Zucco, 2007].
In realtà scienza e conoscenza, tecnica e tecnologia, sono diventati termini di confronto sociale, culturale, politico e civile, elementi di interesse allargato e collettivo, a livello di vita quotidiana di donne e uomini. C’è da chiedersi dunque come è rappresentata la scienza nella vita quotidiana? Che relazione c’è tra scienza e genere? Tra conoscenza, innovazione e genere? Come è visto lo scienziato? E la scienziata? Qual è il rapporto tra scienza e poteri economici? Anche la questione della creatività può essere rivista in un contesto sociale. In un saggio Alberto Melucci [Melucci et al 1994] dà la seguente definizione:
Nella sua immagine tradizionale di gesto raro e solitario, l’atto creativo appare come il luogo di consacrazione di un mitico soggetto, … Un’indagine sui nessi fra processo creativo e contesto sociale costringe non solo ad abbandonare il mito romantico del genio isolato, bello e dannato, ma anche a rimettere in discussione l’idea di un “io” indipendente dalle cose che incontra. … Si tratta di indagare il processo creativo riconoscendo il peso della interazione che lo costituisce. … Si parla di molteciplità delle forme che nel processo creativo assume l’interazione tra soggetto e contesto.
E crediamo che per quanto riguarda molteplicità di forme le donne non hanno nulla da temere.
L’immaginario scientifico femminile e le risorse dell’insegnamento
Ma ancora qual è l’immaginario di donne e uomini intorno alla scienza?
Diverse ricerche sull’immaginario scientifico femminile legano la scarsa presenza femminile in alcuni settori tecnico-scientifici ad un’immagine di scienza espressione di una parzialità di valori, interessi e indirizzi in cui il genere femminile continua a non riconoscersi e a rimanerne pertanto a distanza. Una possibile strategia pertanto è quello di provare a decostruire l’immaginario scientifico dominante per un’idea di scienza meno monolitica e più eterogenea, portatrice di nuove scale di valori indispensabili per uno sviluppo socio-economico più equo.
Ma allora come tenerne conto anche da un punto di vista didattico? Una strada potrebbe essere quella del superamento della separazione delle due culture umanistiche-scientifiche, mediante anche un’azione sui linguaggi con cui scienza e società interagiscono. (Colella e Mangia, 2010) In questo senso nuovi linguaggi di comunicazione come ad esempio il connubio teatro-scienza presenta molte potenzialità [Vidotto, 2005; Colella e Mangia 2010]. O ancora cercare sul piano didattico nuovi contenuti, nuovi linguaggi e soprattutto nuovi modi di abitare la scienza. È necessario più che mostrare rossetti e tacchi a spillo nei laboratori scientifici, far intravedere la possibilità nei ragazzi e nelle ragazze che l’impresa scientifica non sia un’impresa compiuta, ma piuttosto che in essa ci siano e sempre ci saranno nuove frontiere su cui lavorare.
Diventa pertanto importante porre attenzione e selezionare temi significativi dal punto di vista della prassi di lavoro seguita. Temi scientifici più o meno recenti in cui sia rilevante anche la dimensione umana, morale, etica e sociale. Un altro aspetto è far maturare in formatori e genitori la consapevolezza di non essere immuni dallo stereotipo che vuole che le abilità scientifiche qualità innate. Porsi in un modello pedagogico alternativo può consentire di sostenere e valorizzare adeguatamente talenti frutto di lavoro costante, promuovendo sicurezza ed autostima rispetto all’apprendimento scientifico [Colella e Mangia, 2011].
Seminare diversità
Sappiamo che le nuove idee fioriscono nella diversità, anche di genere. Partire dalle differenza, e non dall’unicità astratta dei soggetti di scienza, come auspicato dall’epistemologa A. Allegrini [Allegrini, 2012], può significare trovare nuovi ambiti di sviluppo, nuovi punti di vista e interpretazioni, nuove metodologie, così come altre ipotesi di ricerca e altri dati che concorrono alla stessa evidenza scientifica. Arricchendola e ampliandola. Tuttavia tali nuovi modi di intendere la scienza trovano il loro alimento nei ‘dati duri di realtà’.
La sotto-rappresentazione delle donne nella ricerca, particolarmente in alcuni settori, è infatti ancora molto forte e non è prevedibile in tempi brevi che si verifichi un cambiamento sostanziale. Ancora giocano un ruolo centrale gli stereotipi di genere come sistemi di conoscenza condivisa nella società a tal punto da considerare una fatalità il fatto che ci siano ancora poche donne nella scienza. È necessario agire su diversi piani: i numeri, le istituzioni, la conoscenza, la didattica, consapevoli che solo la sinergia delle diverse azioni potrà produrre un cambiamento. Diventa quindi centrale promuovere qualunque tipo di disseminazione nel pensiero comune delle idee di cosa, come, dove, perché, chi, e di che genere, costituisca e si occupi delle scoperte scientifiche e tecnologiche.
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NOTE
Leaky pipeline, letteralmente una conduttura che perde, indica il fenomeno della progressiva “perdita” di potenziale femminile a livelli elevati di istruzione: una grande potenzialità in entrata si riduce passo passo fino a scomparire quasi del tutto nelle fasi apicali per vari motivi, mancanza di supporto, maternità, mancanza di possibilità o aspettative di carriera, isolamento o esclusione, ecc.
Glass ceiling factor , letteralmente tetto di cristallo indica quel fenomeno per cui le donne, quando anche non evaporano nel leaky pipe, si scontrano con una barriera invisibile ma reale che impedisce loro di accedere a delle posizioni apicali
NOTE BIBLIOGRAFICHE
[Allegrini, 2012] A. Allegrini. Che genere di Scienza? In “Le altre stelle. La dimensione di genere dei contesti educativi tecnico-scientifici. Un’indagine conoscitiva.” Report di Ricerca. Consigliera di Parità. Provincia di Verona, 2012.
[Badaloni et al, 2008] S. Badaloni, C.A. Drace, O. Gia, M.C. Levorato, F. Vidotto (Eds) (2008) “Under-representation of women in Science and Technology“. Quaderno del Comitato Pari Opportunità n. 7, CLEUP, Padova, marzo 2008.
[Boschetto et al, 2012] E.Boschetto, A.Candiello, A.Cortesi, F.Fignani. Donne e Tecnologie Informatiche. Edizioni Ca’ Foscari, 2012.
[Colella e Mangia, 2010] P. Colella, C. Mangia. Protagoniste en travesti. SAPERE Feb 2010, pag 54-55.
[Colella e Mangia, 2011] P. Colella, C. Mangia. Il gender gap della fisica. SAPERE 2011 pag 11-17
[Erab 2009] Preparing europe for a new renaissance. A Strategic View of the European Research Area. First Report of the European Research Area Board – 2009, EUR 23905 EN, 2009.
[Fox Keller, 1985] E. Fox Keller. Reflections on gender and science. Yale University Press, New Haven and London, 1985.
[Frattini e Rossi, 2012] R. Frattini, P. Rossi, Report sulle donne nell’università italiana. Meno di zero, 2012.
[Gagliasso e Zucco, 2007] E.Gagliasso, F.Zucco. Il genere nel paesaggio scientifico. Aracne Editrice, 2007.
[Mangia, 2011] Mangia C. Genere, Scienza e società. In Empowerment e orientamento di genere nella scienza. Dalla teoria alle buone pratiche a cura di Cherubini, Colella Mangia Franco Angeli Editore, pp 42-50.
[Melucci et al, 1994] A. Melucci e F. Neresini. Creatività e contesti: relazioni e istituzioni. In A. Melucci. Creatività, miti, discorsi, processi. Feltrinelli, 1994.
[She Figures 2009] She Figures 2009. Statistics and indicators on Gender Equality in Science. ISBN 978-92-79-11388-8, EUR 23856 EN, 2009.
[Schiebinger, 1999] L .Scienbinger Has feminism changed science? Harvard University Press. Cambridge, 1999.
[Schiebinger, 2008] Londa Schiebinger (Ed). Gendered Innovations in Science and Engineering. Stanford University Press, 2008.
[Vidotto, 2006] Vidotto Francesca. Nuovi linguaggi per una nuova scienza: o del teatro a Padova” in Atti del Convegno “Donne Scienza e Potere. Oseremo disturbare l’Universo?” A cura di Mangia, Colella, Lanotte, Gioia, Grasso ISBN: 88-8305-042-8 (2006), 81.