“la condivisione di saperi, non da posizioni autoritarie ma autorevoli per capire il mondo in cui viviamo è avvertita dalle donne di scienza come un dovere democratico e ricco di responsabilità”
Così Flavia Zucco e Maria Luigia Paciello concludono la prefazione del loro “Vent’anni di Donne e Scienza: Cronistoria dell’Associazione”. Il volume offre un resoconto delle attività svolte dall’Associazione che si propone di promuovere la partecipazione femminile nel mondo della ricerca scientifica. Le autrici sono state protagoniste e testimoni delle attività dell’associazione sin dalla sua fondazione: Zucco, già Dirigente di Ricerca presso l’Istituto di Neurobiologia e Medicina al CNR, ne è stata la prima Presidente; Paciello, già fisica teorica all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, si è spesso dedicata alle attività di documentazione per Associazione, per esempio la redazione degli atti dei Convegni annuali.
La cronistoria fornisce un resoconto ragionato delle iniziative di Donne e Scienza: dalla produzione di sapere nei suoi convegni nazionali, alla formazione e sensibilizzazione nelle istituzioni, al lavoro di rete, alla partecipazione a politiche e progetti europei, fino agli incontri nelle scuole.
Per Donne e Scienza, la presenza di più donne ai vertici della scienza non è solo una questione di equità, ma è strumentale all’eccellenza, all’innovazione e della responsabilità sociale della ricerca. Il fil rouge nella storia di Donne e Scienza è l’attenzione al rapporto tra Genere, Scienza e Società, declinato negli anni su temi di grande urgenza, quali gli stereotipi e la discriminazione, la responsabilità sociale, la valutazione dell’eccellenza, la violenza di genere e le molestie, l’attenzione all’ambiente.
Oltre alla qualità e all’interesse delle attività specifiche, se le rivolgiamo uno sguardo d’insieme nel corso degli anni, la cronistoria ci parla dell’impegno straordinario di chi ha intrapreso un cammino particolarmente difficile e irto di ostacoli. Donne e Scienza nasce nel 2003 a partire dal “Coordinamento Nazionale Donne e Scienza”, già attivo sin dagli anni ’80 e ‘90 del secolo scorso. Sono anni fondamentali, segnati dalla presa di coscienza globale della “questione femminile”, che trovò il suo culmine a Pechino nel 1995, con la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla condizione della donna: qui, i governi di tutto il mondo si impegnarono formalmente a riesaminare tutte le politiche pubbliche guardando ai loro diversi effetti su uomini e donne, in tutti gli ambiti di attività umana, compreso quello della ricerca scientifica. Tuttavia, le donne – e i rari uomini – che vollero richiamare l’attenzione sulla discriminazione nel mondo della scienza non ebbero vita facile. Il mondo della ricerca scientifica si è creduto esente da ogni forma di pregiudizio, “neutra” per definizione perché votata all’oggettività. Le carriere in questo ambito si pretendevano determinate esclusivamente sulla base di meriti obiettivamente valutati. Chi osava mettere in discussione la neutralità dei percorsi di carriera e proponeva di ripensare la scienza adottando una prospettiva di genere veniva guardato con sospetto, talvolta con malcelata sufficienza. L’esigenza di produrre evidenze a sostegno di questa tesi fu da stimolo a lavori rigorosi di raccolta e analisi dei dati, all’interno della comunità scientifica internazionale. Si aprirono nuove opportunità di collaborazione multidisciplinare, unendo i saperi sociologici a quelli delle “hard sciences”. Nei primi anni 2000 fu chiaro che l’aumento del numero di giovani donne che completavano con successo studi scientifici non si traduceva in un’adeguata partecipazione ai vertici della ricerca e dell’ambiente accademico, e che questo non dipendeva dalla motivazione o competenza delle donne, ma era dovuto a barriere strutturali e a forme più o meno visibili di discriminazione.
Lo “scandalo” dell’esclusione delle donne nei meccanismi decisionali della ricerca ebbe ampia eco, in particolare negli USA, ma presto l’Unione Europea prese a varare programmi di sostegno alle carriere femminili nella scienza. La cronistoria di Donne e Scienza ci offre un prezioso resoconto di queste iniziative. Non si trattava più solo di incoraggiare le donne a intraprendere studi scientifici, ma di rimuovere gli ostacoli strutturali e culturali nei loro percorsi di carriera. Per esempio, affrontare i motivi per cui una donna doveva (o ancora deve?) “scegliere” tra carriera e famiglia, rivedere i criteri e i metodi di valutazione del merito e dell’eccellenza, sperimentare nuove modalità organizzative. I programmi europei fornirono alla comunità scientifica e accademica le risorse necessarie per operare in rete, studiare e ridiscutere sia le modalità organizzative della ricerca scientifica, che i suoi stessi contenuti e il suo rapporto con la società. Si cominciò a riconoscere la necessità di un cambiamento strutturale, che migliori la qualità delle condizioni di lavoro per tutti e tutte, garantisca equità e trasparenza nel riconoscimento del merito e dell’eccellenza, e sia di stimolo all’innovazione. Esiste oggi un vasto corpus di evidenze del fatto che al pari delle altre attività umane la scienza può essere strumento inconsapevole di trasmissione di stereotipi e della cultura patriarcale – basti ricordare che ad oggi sono solo 5 le donne che hanno ricevuto un Premio Nobel per la fisica. D’altra parte, si sono elaborati metodi più efficaci e metodologie innovative, applicando l’analisi di genere in ambiti di cruciale importanza, per esempio la ricerca medica e farmacologica.
Donne e Scienza è stata una delle voci più autorevoli e vivaci in questo contesto, in Italia e in Europa, unendo la ricchezza dei saperi scientifici di fisiche, chimiche, biologhe a quelli umanistici di filosofe, sociologhe, giornaliste, storiche della scienza. Il volume di Zucco e Paciello, seppure per ragioni di tempi e spazi si limiti solo a dar conto delle attività (e forse non tutte) dell’Associazione, è ricchissimo di riferimenti fondamentali per chiunque desideri intraprendere una riflessione seria su questi temi.
Infine, ogni pagina ci parla di vent’anni di generosità civica di ricercatrici che hanno operato spesso in aggiunta alle proprie attività istituzionali, offrendo il proprio tempo e talvolta sfidando con coraggio i percorsi prestabiliti del sistema. Oggi Donne e Scienza continua ad essere chiamata a contribuire alle più alte istanze politiche europee e globali, attraverso la presenza nella European Platform of Women Scientistis e nel W20, il gruppo di Women 20 (W20) il gruppo ufficiale del G20 incentrato sull’uguaglianza di genere. Il lavoro di Zucco e Paciello dovrà essere continuato nei prossimi decenni… lunga vita a Donne e Scienza!
Benedetta Magri
Esperta di pari opportunità nel lavoro e nella ricerca, già Manager, International Labour Standards, Rights at Work and Gender Equality presso International Training Centre of the ILO (Agenzia specializzata delle Nazioni Unite).