Si terrà il 26 febbraio a Bologna (sala 216 Centro Congressi, Via Gobetti 101, ore 14.30) il seminario della professoressa Elena Pulcini, ordinaria di Filosofia Sociale all’Università di Firenze dal titolo “I rischi globali e l’etica della responsabilità. Una riflessione sulla crisi ecologica e sulla necessità di nuove prospettive di pensiero”.
Ne “Il principio responsabilità” (1979), Hans Jonas teorizza il passaggio da una nozione giuridica di responsabilità ad una nozione propriamente etica; vale a dire dalla responsabilità come imputabilità (prevalente fino al 900) che implica il “rispondere di” qualcosa, il rendere conto delle proprie azioni e delle loro conseguenze, alla responsabilità come “risposta a” qualcuno, che implica l’attenzione, la cura, il farsi carico dell’altro. Si tratta di un passaggio decisivo, su cui non si è ancora sufficientemente riflettuto, che produce in primo luogo uno slittamento da un concetto essenzialmente soggettivo di
responsabilità ad un concetto relazionale, nel quale assume uno spessore inedito la nozione di altro.
Che cosa c’è all’origine di questo slittamento? Sul piano storico e sociale si può ricondurre ad una trasformazione fondamentale del ‘900, vale a dire l’emergere dei “rischi globali” (Beck): dalla minaccia nucleare posta all’attenzione da Günther Anders alla crisi ecologica denunciata da Jonas. Il potere tecnologico dell’uomo, divenuto illimitato, produce il rischio di autodistruzione dell’umanità a cui può rispondere solo un’etica della responsabilità: la responsabilità è la risposta alla vulnerabilità dell’altro (umanità, pianeta, biosfera), inteso anche come altro distante nel tempo (generazioni future). Ma questa proposta normativa che connota la responsabilità in senso doveristico e altruistico – la responsabilità è un dovere morale di fronte alla vulnerabilità dell’altro – non fa i conti con il declino dell’idea di “dovere” (sottolineato dalla riflessione postmoderna) e soprattutto con le “patologie” del soggetto contemporaneo e dell’individualismo illimitato. Si tratta allora di ripensare il
soggetto e di individuare le possibili strategie di “correzione” delle sue patologie. In questa
prospettiva Günther Anders propone la necessità di ricomporre la scissione psichica tra fare e immaginare, tra produrre e sentire (il “dislivello prometeico”), agendo in primo luogo sull’emozione della paura e sui meccanismi di difesa, per restituire al Sé illimitato la percezione del limite e del pericolo. La riappropriazione della capacità di sentire e la percezione della propria vulnerabilità diventano allora i presupposti di un’etica della responsabilità non doveristica né altruistica.
Il rischio, in questo senso, proprio in quanto espressione sempre più visibile di una condizione globale di vulnerabilità e interdipendenza può costituire una chance, un’occasione oggettiva per il soggetto di farsi carico del destino del mondo; o meglio, di prendersi cura del mondo, trasformando la responsabilità in impegno concreto e pratica quotidiana.
Locandina Seminario_pulcini_26.02.2015